di Daniele Trabucco (*)

Lo scoppio dell’epidemia causata dal virus Covid-19 ha portato alla ribalta il rapporto tra scienze e politica.
Com’è noto, a partire dal 05 febbraio 2020, è stato istituito un Comitato tecnico-scientifico, integrato con l’Ordinanza 18 aprile 2020, n. 663 del Capo Dipartimento della Protezione civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con lo scopo di fornire un supporto medico funzionale all’adozione delle misure necessarie per il contenimento dell’agente patogeno. Ora, sebbene il suo ruolo sia di natura consultiva (art. 2, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19), è innegabile il condizionamento sul piano delle scelte politiche. In nome della scienza (quale?), infatti, la politica, almeno nella fase 1 dell’emergenza sanitaria, ha tenuto un atteggiamento recessivo nei confronti del punto di vista manifestato dai diversi componenti del Comitato. In altri termini, quella che è l’arte di selezione degli interessi in vista del bene comune è caduta nella communis opinio secondo la quale risulta «vero» e, dunque, da seguire, solamente ciò che è accertabile sulla base dei «canoni dell’esperienza delle scienze sperimentali». Così agendo, però, la politica cade in quella che Konrad Lorenz (1903-1989) ha definito lo «scientismo», ossia la convinzione assoluta, dogmatica, ma sempre sottoposta al principio di falsificabilità secondo la teoria popperiana evidente già nel 1934 nell’opera Logik der Forschung, che soltanto «tutto ciò che può essere pesato e misurato è conoscibile». Con questa prospettiva critica non si intende affatto misconoscere il valore conoscitivo della scienza e la sua importanza per il bene comune, ma si vuole «provocare» la mente al fine di evitare un riduzionismo scientistico della ragione. Purtroppo, l’orientamento quantitativo della scienza, lo insegna bene il filosofo Nicholas Rescher (1928), la porta a trascurare la dimensione qualitativa, affettiva e valutativa dell’esperienza e della relazione umane mai così prepotentemente compresse come in questa fase pandemica la quale ha condotto ad escludere la stessa «minima operatività» dei diritti costituzionali (libertà di riunione, libertà di culto etc.…sentenza n. 67/1990 della Corte costituzionale). Combattuta prima l’idea di Dio (da parte del marxismo) e poi cancellata dall’ideologia immanentistica delle Costituzioni compromissorie del secondo dopoguerra che si alimentano del cancro del giacobinismo rivoluzionario (come quella italiana del 1948), il potere politico ha smesso di essere strumento, secondo l’insegnamento tomista, per la comprensione dell’ordine, che si rivela nella ragione prima ancora che nella fede e che ha come scopo precipuo quello di aiutare gli uomini a perfezionare sempre di più la loro natura, diventando esso stesso ipostasi della scienza e assumendo in questo modo un grado di certezza che, intensive se non extensive (qualitativamente se non quantitativamente), è esattamente lo stesso di Dio.
(*) Associato di Diritto Costituzionale italiano e Comparato e Dottrina dello Stato presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (Svizzera)/UNIB – Centro Studi Superiore INDEF (Istituto di Neuroscienze Dinamiche «Erich Fromm»). Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico.
ABBIAMO BISOGNO DI UN NUOVO MEDIOEVO O DI UN NUOVO RINASCIMENTO?
di Matteo Castagna (*)

È molto importante, di questi tempi, intendere bene i termini che vengono utilizzati al fine di evitare errori ed equivoci, in un mondo in cui domina il relativismo, la chiarezza di un insegnamento sicuro si è fatta nebulosa a causa della secolarizzazione e del sincretismo.
Pertanto, se da un lato è conclamato che lo scientismo si stia imponendo come un vero e proprio movimento ateo che imponga l’uomo come Dio, che attraverso le scoperte scientifiche diviene sempre più potente, ma privo di una reale dimensione trascendentale e metafisica, dall’altro, quasi per contraltare, vi è una minoranza, creativa perché rumorosa, che vorrebbe riscoprire la centralità di Gesù Cristo, ponendola in armonia con il creato, con la ragione ed in ultima analisi, con la scienza.
Se il primo movimento possiamo azzardarci a definirlo come una sorta di «nuovo rinascimento», ovvero emancipazione totale dall’Uomo/Dio redentore dell’umanità, in favore di un uomo che si fa Dio attraverso lo scientismo, il secondo è la riscoperta attualizzata del tomismo, è il cristocentrismo, cioè, in sintesi, un «nuovo medioevo».
Non è ancora del tutto scomparso dall’orizzonte della coscienza collettiva occidentale il pregiudizio che scienza e fede siano sorelle nemiche. Era un pregiudizio tipico del Settecento illuministico, che si è poi inasprito col positivismo ottocentesco, e che sarebbe dovuto scomparire nel Novecento dopo le reciproche e ripetute aperture, ma che, di fatto, è rimasto un incompiuto.
Il «nuovo umanesimo» (o rinascimento) dell’età contemporanea diviene un laboratorio dell’uomo che scopre (scienza) e trasforma (tecnica) ma ha perso ogni valore. Ha solo valore economico.
L’uomo è disilluso dai miti tramontati, si crea un mondo su misura, in un orizzonte di immanenza (pragmatismo, edonismo, liberalismo ma anche globalismo, materialismo, cancellazione dell’antropologia classica, sostituita dal principio di «uguaglianza assoluta» tra gli esseri umani, sino a disumanizzarli e a porli in una condizione di felicità fittizia priva di qualsiasi elemento che faccia riferimento al Divino.)
Dio non è più necessario per spiegare il mondo ed è sempre meno credibile il Dio predicato dalle Chiese, (ma molti contemporanei, per altre vie, lo cercano con nostalgia) in favore di una Scienza che viene presa per buona, qualsiasi cosa dica, anche quando cade palesemente in contraddizione. Non vi è periodo come l’attuale, nell’emergenza Covid-19, in cui la Scienza sta dimostrando che, da sola, priva della Fede, non va da nessuna parte e scade nel ridicolo di contraddizioni continue. Sfido chiunque a non esser rimasto colpito dalla quantità di versioni differenti abbiano dato medici e virologi nell’arco di soli tre mesi.
La Storia non promette più un futuro radioso; non è che il frutto di compromessi tra potenze economiche, giochi diplomatici e alternanza di opinioni soggettive, che hanno sostituito le ideologie del Novecento.
La Verità è quella scientificamente provata e soprattutto quella pragmaticamente utile. Ecco perché chi aderisce, spesso acriticamente e pur di non darla vinta al cattolicesimo, al «nuovo rinascimento» non si accorge proprio che la scienza è un eterno incompiuto, se non vi è la Fede che chiude il cerchio sui perché della vita e della morte.
Il «nuovo medioevo», altresì, sostiene che il mondo fisico faccia parte di un cosmo, dove hanno posto gli uomini (spiriti incarnati), gli angeli (puri spiriti) e la natura fisica sia subordinata agli esseri spirituali
L’uomo è membro della Chiesa prima che cittadino della società civile C’è una priorità della legge divina ed ecclesiastica sulle leggi civili.
Dio è presente nel mondo, ma lo trascende ed è percepito spiritualmente nei fenomeni naturali e negli eventi dolorosi (peste, carestie, morte)
La Storia è teatro dell’azione potente, amorosa o vendicatrice, di Dio ; la necessità prevale, se necessario, sulla libertà, che non è mai un valore assoluto. Essa è fare ciò che si deve, non ciò che si vuole, con un primato per la responsabilità e per i doveri rispetto ai diritti.
La Verità è quella dettata e dall’ Autorità e trasmessa dai Padri; la teologia è la scienza che accerta la verità, che rimane Cristo, via, Verità e Vita. E lo fa analizzando compiutamente tutte le cose. Per parafrasare S. Ignazio di Loyola: dalla perfezione del Creato (e dal suo studio), si raggiunge il Creatore. San Tommaso d’Aquino ci offre un valido modello di armonia tra ragione, scienza e fede, dimensioni dello spirito umano che si realizzano pienamente nell’incontro tra di loro.
Secondo San Tommaso la ragione umana «respira», cioè si muove in un orizzonte ampio ed aperto, dove può esprimere il meglio di sé, quando invece l’uomo si riduce a pensare soltanto ad oggetti materiali e verificabili, chiudendosi ai grandi interrogativi sulla vita, su se stesso e su Dio, si impoverisce. Il rapporto tra fede, ragione e scienza è una seria sfida per la cultura contemporanea. La tendenza a considerare vero soltanto ciò che è sperimentabile costituisce una limitazione alla ragione umana e produce una terribile schizofrenia per cui convivono razionalismo e materialismo, ipertecnologia ed istintività sfrenata.
La fede cristiana non mortifica la libertà e la razionalità umana. La fede suppone la ragione e la perfeziona, e la ragione, illuminata dalla fede, trova la forza per elevarsi alla conoscenza di Dio. Con lungimirante saggezza San Tommaso d’Aquino riuscì ad instaurare un confronto fruttuoso con il pensiero arabo ed ebraico del suo tempo, così da essere considerato un maestro sempre attuale di relazioni con le altre culture. Egli seppe presentare quella mirabile sintesi cristiana tra ragione, che include la scienza e fede, che per la civiltà occidentale rappresenta un patrimonio prezioso, a cui anche oggi attingere per rapportarsi efficacemente con le grandi tradizioni culturali e religiose dell’est e del sud del mondo.
(*) Giornalista Pubblico certificato ex legge ordinaria dello Stato n. 4/2013, tessera n. 2343 dell’Associazione italiana Comunicazione Pubblica e Istituzionale Giornalista pubblicista e scrittore.