Questo Governo e la incompetente maggioranza parlamentare che lo sostiene sono il «cancro» del Paese. Il modo con cui sono stati trattati i lavoratori autonomi, le c.d. partite IVA (categoria variegata al suo interno), rappresenta il paradigma dell’inadeguatezza ed insufficienza di buona parte delle misure adottate. Purtroppo, siamo già arrivati a 25 suicidi, soprattutto tra i piccoli imprenditori, che non hanno retto al lockdown imposto dall’Esecutivo Conte II. Chi ha ricevuto la cassa integrazione e chi non l’ha ricevuta, chi ha ricevuto una CIG pari all’80% dello stipendio, chi solo il 40%, chi ha avuto il bonus dei 600 euro e chi non l’ha ricevuto. Eppure, le partite IVA arrivano a pagare circa il 48% in previdenza sull’imponibile tassabile, contro circa il 37% del lavoratore dipendente del commercio.
Il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (c.d. «rilancio»), in corso di conversione in legge formale da parte delle due Camere, non ha certamente risolto i numerosi problemi sul tappetto. Ad esempio, per ottenere il bonus di 1000,00 euro di maggio, rispetto ai 600 dei mesi di marzo ed aprile 2020, bisognerà intraprendere una vera e propria corsa ad ostacoli. Innanzitutto, la platea dei beneficiari viene ridotta (non sono più contemplati i titolari di collaborazione coordinata e continuativa, iscritti alla gestione separata dell’INPS, salvo non abbiano cessato il rapporto di lavoro alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 34/2020). Sarà necessario, in particolare, che i liberi professionisti titolari di partita IVA attiva alla data di entrata in vigore del decreto, iscritti alla gestione separata INPS, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, abbiano registrato una riduzione di almeno il 33% del fatturato nei mesi di marzo e aprile 2020, rispetto allo stesso bimestre dello scorso anno. Il reddito in questione sarà da calcolare secondo il principio di cassa, come differenza tra compensi percepiti e costi sostenuti per l’attività, incluse le eventuali quote di ammortamento. Un’operazione alquanto complessa quella della definizione del reddito bimestrale, per la quale si presume bisognerà fare riferimento alla disciplina tributaria del reddito di lavoro autonomo. Per le quote di ammortamento, invece, bisognerà procedere a definire quelle relative ai due mesi di riferimento in ragione dei 2/12 dell’intero anno.
La determinazione del reddito è ancora più complicata per le partite IVA che adottano il regime forfettario.
Questo perché in tali casi, non avendo tenuto la contabilità né il libro dei beni ammortizzabili, la quantificazione del reddito dei due bimestri, utile per la verifica richiesta dall’art. 84 del decreto-legge c.d. «rilancio» n. 34/2020, dovrà essere effettuata ripartendo praticamente da zero. Insomma, anziché facilitare, il Governo complica e non poco.
Va detto, comunque, che l’economia mondiale è arrivata all’appuntamento con il Covid-19 nella peggiore delle situazioni possibili, con alta vulnerabilità al debito e alla leva finanziaria speculativa, e la pandemia ha avuto un effetto catalizzatore su tutta una serie di problemi che ormai erano evidenti da tempo. Le bolle speculative su credito ed equity, che circolavano già nel sistema, attendevano una miccia per esplodere e la crisi finanziaria sarebbe arrivata comunque, anche solo per una semplice recessione. Se si continua ad insistere nell’attribuire a un virus, e cioè a un fattore esterno, il motivo della crisi che ci attende, si continua a negare l’evidenza di un modello finanziario ed economico che funziona solo con eccesso di leva, compressione dei redditi, ampio debito speculativo e pochi investimenti nell’economia reale: un modello non più sostenibile.